In presenza di un giacimento in un suolo espropriato, il criterio di determinazione dell’indennizzo sfugge alla logica che presiede alla distinzione delle aree in suoli agricoli e suoli edificatori, ma, in considerazione della natura produttiva di siffatto bene, deve esser parametrato al valore dei materiali estraibili dalla cava sino al suo esaurimento materiale o economico (con inconfigurabilità di ogni ulteriore indennizzo per reddito e cause ulteriori). Tale criterio non necessita che al tempo della vicenda ablativa il bene stesso costituisca già una cava in coltivazione, giacché, ai fini indennitari, la stima dell’area come cava non richiede che l’attività estrattiva sia in corso, dovendo, invece, tenersi conto delle potenzialità materiali ed economiche della stessa. Tutto ciò, beninteso, alla condizione che l’attività estrattiva possa essere legittimamente autorizzata, e che di tale autorizzazione il proprietario non sia munito per ragioni di mero fatto, in quanto, per il suo rilevante impatto ambientale, tale attività non può ritenersi libera, ma deve inserirsi in un contesto di interventi pianificati.