Indennità fittavolo: inidoneo un contratto non registrato

L’erogazione concreta dell’indennità aggiuntiva in favore dei fittavoli, mezzadri e coloni è condizionata dalla effettiva utilizzazione diretta agraria del terreno, ravvisabile in tutte quelle ipotesi in cui la coltivazione del fondo da parte del titolare avviene con prevalenza del lavoro proprio e di persone della sua famiglia, nonché dall’esistenza di uno dei rapporti agrari tipici, la cui prova deve essere fornita da chi da esso intenda trarre conseguenze favorevoli, atteso il disposto dell’art. 2697 c.c.. (Nella fattispecie non è stata ritenuta idonea a soddisfare il detto requisito della prova, costituendo al più elementi presuntivi, la seguente documentazione: contratto di fitto non registrato, certificato di iscrizione S.C.A.U., dichiarazioni aziendali di conduzione di impresa diretto-coltivatrice, denuncia cumulativa di affitto di fondo rustico, certificato INPS).

Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza n.20722 del 04/09/2017
Relatore: Roberto Mucci
Presidente: Francesco Tirelli

Oggetto:
vincoli urbanistici ed edificabilità –> edificabilità –> piani e strumenti urbanistici –> pip

Sintesi:
L’inclusione di un’area in un piano per insediamenti industriali (p.i.p.) ne implica l’acquisizione della prerogativa di edificabilità ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, non diversamente dall’inserimento in un piano di zona per l’edilizia economica e popolare (p.e.e.p.), anche ove l’originaria zonizzazione del p.r.g. ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo: infatti, l’acquisto del carattere di edificabilità avviene in virtù della variante introdotta dal piano attuativo, che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo, comportante l’inserimento dei terreni nella zona territoriale omogenea D, di cui al D.M. 2 aprile 1968, art. 2, a cui si applica il regime di edificabilità legale.

Oggetto:
vincoli urbanistici ed edificabilità –> vincoli urbanistici –> espropriativi e conformativi –> conformativi –> ZTO –> zona D

Sintesi:
Una variante al piano regolatore comportante la destinazione dei terreni in zona D, assume valenza conformativa anche in ragione dell’ampiezza dell’area interessata dalla variante e del carattere di razionalizzazione degli insediamenti produttivi proprio dell’intervento.

Estratto:
« I terreni in questione risultano ricompresi in zona D2 (zona omogenea di nuovi impianti industriali e artigianali), nonchè in zona di valorizzazione degli insediamenti rurali infrastrutturali, alla luce della variante di p.r.g. approvata, con il predetto accordo di programma, in data anteriore al decreto di esproprio, variante che ha comportato l’ampliamento delle aree di insediamenti produttivi. Orbene, non può che darsi continuità al principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui l’inclusione di un’area in un piano per insediamenti industriali (p.i.p.) ne implica l’acquisizione della prerogativa di edificabilità, non diversamente dall’inserimento in un piano di zona per l’edilizia economica e popolare (p.e.e.p.), anche ove l’originaria zonizzazione del p.r.g. ne comportasse la qualificazione come suolo agricolo: infatti, l’acquisto del carattere di edificabilità avviene in virtù della variante introdotta dal piano attuativo, che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo (da ultimo, Sez. 1, 9 febbraio 2017, n. 3459; Sez. 1, 6 settembre 2006, n. 19128); nei medesimi sensi Sez. 1, 15 luglio 2011, n. 15658: ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, ai terreni inseriti nella zona territoriale omogenea D (parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali, commerciali o ad essi assimilati), di cui al D.M. 2 aprile 1968, art. 2, emanato in attuazione della L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 17, si applica il regime di edificabilità legale. Mette conto inoltre notare che il precedente di legittimità invocato dal Comune (Sez. 1, 8 novembre 2012, n. 19349) non è in termini, poichè concernente una fattispecie di intesa tra Stato e Regione ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 81, comma 3, per l’ampliamento della linea ferroviaria che, in variante al p.r.g., ha comportato la destinazione di alcune aree urbane a zone di rispetto ferroviario. Ciò posto, la Corte di appello – contrariamente a quanto dedotto dal Comune – ha considerato l’incidenza della variante di cui all’accordo di programma concludendo motivatamente per la sua valenza conformativa in ragione sia dell’ampiezza dell’area interessata dalla variante, sia del carattere di razionalizzazione degli insediamenti produttivi proprio dell’intervento, sia, infine, dell’intervenuta classificazione – da parte dello stesso Comune della zona nella tabella dei valori dei suoli ai fini dell’applicazione dell’I.C.I. Ciò correttamente applicando consolidati principi affermati da questa Corte in tema di ricognizione della qualità edificatoria delle aree ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio: tale ricognizione, infatti “deve tener conto dei vincoli conformativi, che, in quanto non correlati alla vicenda ablatoria, ma connaturati alla proprietà in sè, contribuiscono a fondare i caratteri del suolo ai fini valutativi, e tale scopo il carattere conformativo dei vincoli di piano non discende dalla collocazione in una specifica categoria di strumenti urbanistici (nella specie il piano regolatore), ma dipende soltanto dai requisiti oggettivi, di natura e struttura, dei vincoli stessi, in particolare configurandosi tale carattere ove tali vincoli siano inquadrabili nella zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono ed in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto (per lo più spaziale) con un’opera pubblica; di contro, se il vincolo particolare incidente su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, il vincolo che la stessa contiene deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione con conseguente sua ininfluenza agli effetti indennitari” (Sez. 1, 7 febbraio 2006, n. 2612; Sez. 1, 25 settembre 2015, n. 19072). Ma proprio con riferimento alla valenza conformativa della variante introdotta con l’accordo di programma la censura risulta inammissibile, atteso che essa non attacca i relativi specifici passi della motivazione della sentenza impugnata, sopra sinteticamente riepilogati, ma si limita a postulare il carattere della variante meramente attuativo di un vincolo già preordinato all’esproprio in modo affatto assiomatico ed altresì carente sotto il profilo dell’autosufficienza del motivo, non essendo riportato il testo dell’accordo di programma, nè quello degli altri atti amministrativi richiamati dal Comune. »

 

Oggetto:
indennità di espropriazione e di occupazione –> indennità di esproprio –> criteri estimativi –> criterio sintetico-comparativo

Sintesi:
Corretta è una comparazione di valori rispondente ai requisiti di omogeneità degli elementi materiali (quali la natura, la posizione, la consistenza morfologica del bene e simili) e della condizione giuridica richiesti per la corretta valutazione alla stregua del metodo di stima sintetico-comparativo, con motivato riscontro della rappresentatività dei dati utilizzati, senza che assuma rilievo la fonte da cui i valori sono tratti.

Oggetto:
indennità di espropriazione e di occupazione –> indennità di esproprio –> criteri estimativi –> criteri analitico-ricostruttivo/sintetico comparativo –> equivalenza

Sintesi:
In tema di liquidazione dell’indennità di espropriazione per le aree edificabili, la determinazione del valore del fondo può essere effettuata tanto con metodo sintetico-comparativo, volto ad individuare il prezzo di mercato dell’immobile attraverso il confronto con quelli di beni aventi caratteristiche omogenee, quanto con metodo analitico-ricostruttivo, fondato sull’accertamento del costo di trasformazione del fondo, non potendosi stabilire tra i due criteri un rapporto di regola ad eccezione, e restando pertanto rimessa al giudice di merito la scelta di un metodo di stima improntato, per quanto possibile, a canoni di effettività.

Estratto:
« La valutazione dei terreni operata dalla Corte di appello risponde ai requisiti di omogeneità degli elementi materiali (quali la natura, la posizione, la consistenza morfologica del bene e simili) e della condizione giuridica richiesti per la corretta valutazione alla stregua dell’indicato metodo di stima sintetico-comparativo, con motivato riscontro della rappresentatività dei dati utilizzati, senza che assuma rilievo la fonte da cui i valori sono tratti (Sez. 1, 21 febbraio 2014, n. 4187; Sez. 1, 16 marzo 2012, n. 4210); ogni altra censura svolta dai ricorrenti conduce, in definitiva, ad un non consentito riesame nel merito delle valutazioni operate dalla Corte di appello. Per quanto poi riguarda la scelta del metodo sintetico-comparativo, è sufficiente ribadire il principio secondo cui in tema di liquidazione dell’indennità di espropriazione per le aree edificabili, la determinazione del valore del fondo può essere effettuata tanto con metodo sintetico-comparativo, volto ad individuare il prezzo di mercato dell’immobile attraverso il confronto con quelli di beni aventi caratteristiche omogenee, quanto con metodo analitico-ricostruttivo, fondato sull’accertamento del costo di trasformazione del fondo, non potendosi stabilire tra i due criteri un rapporto di regola ad eccezione, e restando pertanto rimessa al giudice di merito la scelta di un metodo di stima improntato, per quanto possibile, a canoni di effettività (Sez. 6-1, 31 marzo 2016, n. 6243). »

Oggetto:
indennità di espropriazione e di occupazione –> indennità di esproprio –> maggiorazioni e indennità aggiuntive –> fittavolo

Sintesi:
L’erogazione concreta dell’indennità aggiuntiva in favore dei fittavoli, mezzadri e coloni è condizionata dalla effettiva utilizzazione diretta agraria del terreno, ravvisabile in tutte quelle ipotesi in cui la coltivazione del fondo da parte del titolare avviene con prevalenza del lavoro proprio e di persone della sua famiglia, nonché dall’esistenza di uno dei rapporti agrari tipici, la cui prova deve essere fornita da chi da esso intenda trarre conseguenze favorevoli, atteso il disposto dell’art. 2697 c.c.. (Nella fattispecie non è stata ritenuta idonea a soddisfare il detto requisito della prova, costituendo al più elementi presuntivi, la seguente documentazione: contratto di fitto non registrato, certificato di iscrizione S.C.A.U., dichiarazioni aziendali di conduzione di impresa diretto-coltivatrice, denuncia cumulativa di affitto di fondo rustico, certificato INPS).

Estratto:
« Con il secondo motivo di ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42, nonchè vizio di motivazione circa il mancato riconoscimento dell’indennità aggiuntiva per il coltivatore diretto, poichè la Corte di appello non avrebbe considerato i documenti (contratto di fitto non registrato, certificato di iscrizione S.C.A.U., dichiarazioni aziendali di conduzione di impresa diretto-coltivatrice, denuncia cumulativa di affitto di fondo rustico, certificato INPS) comprovanti l’attività diretto-coltivatrice allegati dai ricorrenti B.G. e D.F.G.. Il motivo non merita favorevole apprezzamento con riferimento ad entrambi i profili di doglianza. Posto che l’erogazione concreta dell’indennità aggiuntiva in favore dei fittavoli, mezzadri e coloni è condizionata dalla utilizzazione diretta agraria del terreno, ravvisabile in tutte quelle ipotesi in cui la coltivazione del fondo da parte del titolare avviene con prevalenza del lavoro proprio e di persone della sua famiglia, nonchè dall’esistenza di uno dei rapporti agrari tipici, la cui prova deve essere fornita da chi da esso intenda trarre conseguenze favorevoli, atteso il disposto dell’art. 2697 c.c. (Sez. 1, 26 marzo 2012, n. 4784), la documentazione richiamata dai ricorrenti non soddisfa il detto requisito della prova dell’effettività della coltivazione dei terreni espropriati, almeno un anno prima della dichiarazione di pubblica utilità, da parte dei predetti B.G. e D.F.G., requisito richiesto del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42, comma 2 e correttamente richiamato nella sentenza impugnata. Invero, gli elementi documentali offerti dai ricorrenti costituiscono al più elementi presuntivi, di cui parte ricorrente non propone una lettura complessiva e coordinata, ancorata al citato dato normativo, limitandosi in sostanza a contrapporre il proprio convincimento a quello del giudice risultato difforme da quello auspicato, ciò che ridonda in una non consentita sollecitazione al riesame nel merito dell’apprezzamento della Corte di appello (tra le tante, Sez. 5, 28 novembre 2014, n. 25332; Sez. 1, 30 marzo 2007, n. 7972). »